Bocche cucite e ipocriti dell’accoglienza

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di Arturo Diaconale

24 dicembre 2013 EDITORIALI

 

Il problema non è la legge sullo jus soli, che non si realizza. O la Bossi-Fini che non si sostituisce con un provvedimento più adeguato ai tempi ed al passaggio dall’immigrazione per ragioni economiche alla fuga in Europa dalle guerre civili della sponda Sud del Mediterraneo e dell’Africa. Il vero problema è quello dell’ipocrisia nazionale. Quella che si mobilita per le tragedie che si verificano in mare e che riguardano i profughi che scappano dagli orrori delle guerre in atto nelle proprie nazioni. E lo fa perché la visibilità mediatica internazionale che garantisce la lacrima politicamente corretta sparsa sui corpi dei naufraghi non è assicurata da nessun altra manifestazione di buonismo a buon mercato. Ma che diventa spaventosamente evidente quando quelli stessi che si mobilitano sulle tragedie in mare rimangono sostanzialmente indifferenti alle tragedie che aspettano sulla terra dell’accoglienza gli stessi naufraghi sfuggiti alle insidie del Canale di Sicilia.

Non sono una testimonianza di attenzione e di consapevolezza delle condizioni di vita dei sopravvissuti alle traversate mediterranee, infatti, le manifestazioni di sdegno e condanna di vicende come la disinfestazione a cielo aperto dei migranti di Lampedusa o la protesta con automutilazione di quelli del Centro di accoglienza di Ponte Galeria. Rappresentano solo la riprova dell’ipocrisia dell’ormai insopportabile esercito di professionisti dell’accoglienza che sulla tragedia dei profughi ci campa e ci costruisce folgoranti carriere politiche. Questo esercito di ipocriti, tanto pronto alla lacrima mediatica per i naufraghi, appare del tutto indifferente di fronte alla circostanza che alla salvezza dal mare segue l’inferno di una carcerazione preventiva che viene scontata per mesi e mesi in centri di accoglienza che di fatto sono delle strutture carcerarie a tutti gli effetti. Qualcuno, per la verità, si batte per migliorare le condizioni di vita in quelli che sono degli autentici campi di concentramento.

Qualche altro ne chiede direttamente la chiusura e l’abolizione. Ma chi non è un ipocrita e non pensa che il problema possa essere risolto eliminando semplicemente i centri di accoglienza, deve denunciare lo scandalo di un’accoglienza che si trasforma in detenzione ingiustificata. E, soprattutto, deve ricordare con forza che la carcerazione preventiva a cui vengono sottoposti per mesi e mesi i naufraghi strappati dalle onde è la stessa che riempie le carceri nazionali di indagati in attesa di un giudizio che tarda sempre ad arrivare. “La Marcia di Natale”, che su iniziativa dei Radicali italiani si svolge per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle condizioni inumane delle carceri, rappresenta un’ottima occasione per compiere queste denunce.

E sottolineare la passività ipocrita di chi non riconosce che carceri e centri di accoglienza sono aspetti diversi di un solo fenomeno di gravissima violazione dei diritti umani. L’accoglienza a metà, quella che si ferma al mare e non prosegue sulla terra, che viene fatta solo per acquisire visibilità ed inserisce automaticamente i profughi nel sistema carcerario, è moralmente e praticamente peggiore di qualsiasi misura di respingimento. Perché rappresenta una macchia sul grado di civiltà del nostro Paese e costituisce un modo insulso di bruciare risorse pubbliche!

L’Opinione

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